‘A monaca d’’o Bbammeniello: ògne nove mise, fasciatóre e savaniello!

Letteralmente: la monaca del Bambin Gesú, ogni nove mesi fasce e sottofasce.

Dopo avervi parlato di savanelli oggi vi proponiamo un modo di dire strettamente connesso al lemma, espressione ormai desueta, ma che per il suo simpatico contenuto va raccontata.

Essa era indirizzata sia a spose abbastanza prolifiche con al seguito una nidiata di piccoli diavoli, sia a chi, per portare a compimento qualcosa, necessitava di continui supporti ed assistenza.

Siccome a Napoli siamo in linea di massima buoni… fino a prova contraria, l’espressione nacque chiamando in causa le Suore che prestavano servizio presso l’Istituto Suore del Bambino Gesú che si trova in via San Giovanni Maggiore Pignatelli a due passi dell’Università degli Studi in pieno centro storico.

Obiettivo delle suore era quello di dare assistenza ai bambini e alle famiglie in difficoltà, offrendo la loro una misericordiosa opera di assistenza e supporto. Ma non solo bambini e famiglie disagiate: furono accolte nell’istituto anche ragazze traviate, da riportare sulla retta via, magari insegnandole un lavoro per poter sostenersi nel futuro.

Queste ragazze sfortunate  molto spesso si presentavano in dolce attesa, alimentando un lavoro di lavatura dei panni che venivano appesi ad asciugare.

Le malelingue, tuttavia, decretarono che i bambini fossero stati partoriti addirittura dalle povere monache e che le ragazze traviate non c’entravano nulla….

Quale commento? Semplice: va a ffà bene dint’ ‘a vita!

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