Acrus est e te ll’hê ‘a vevere!

Letteralmente: è acre e te lo devi bere!

Ci sono cose nella vita che non vorremmo mai prendere in considerazione, ma che, purtroppo, ci tocca affrontare.

Ricordate la famosa frase di Jep Gambardella (Tony Servillo) in La Grande bellezza: “La più sorprendente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto sessantacinque anni è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare!”?

Bene non è questo il caso…: sessantacinquenni o meno le cose vanno fatte!

A Napoli, quindi, usiamo questa frase – un misto mare di napoletano e latino maccheronico – quando vogliamo sottolineare l’inevitabilità di certe situazioni che dobbiamo giocoforza accettare.

Come spesso accade, c’è una simpatica storiella che fa da sottofondo all’espressione.

Si racconta che tra un anziano curato che stava dicendo Messa ed il suo sagrestano non corressero buoni rapporti: quest’ultimo decise di far pagare qualche azione pregressa al prete, sostituendo nell’ampolla dedicata il vino con dell’aceto.

Quando l’officiante portò il vino alle labbra si accorse che qualcosa non andava e, rivolgendosi al sagrestano, esclamò sottovoce in latino “Acrus est!” (è acre). Il dispettoso sagrestano gli rispose: “Te ll’hê ‘a vevere!” (devi berlo)…

Arrabbiato il prelato minacciò con decisione: :” Dopo la messa t’aspetto in sacrestia…” e il sacrista chiuse con un inequivocabile :”Hê ‘a vedé si me truove!” (Non credo di farmi trovare…).

La morale? Come detto, prelati e sagrestani a parte, ci sono cose che non possono essere tralasciate e devono essere portate a compimento, anche se presentano un retrogusto amaro…

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