Armammoce e gghiate!

Letteralmente: armiamoci e… andate!

Diciamo subito che questa non è un’espressione esclusivamente partenopea, visto che viene usata anche nella lingua italiana (Armiamoci e partite…), ma la vogliamo proporre per due ragioni.

La prima è che dell’armiamoci e partite ne abbiamo piene le tasche, soprattutto quando si parte ben convinti e motivati nello svolgimento di un’attività, si trova la condivisione, l’accettazione del capo e poi ci si trova da soli con lo spadone in mano, a fronteggiare… un esercito di problemi e di difficoltà.

Nel mondo del lavoro, molti pensano che basti impartire ordini che qualcuno poi eseguirà. Molte volte questo si traduce in uno scarico di responsabilità che rende il team meno coeso e performante verso il raggiungimento di obiettivi ambiziosi (non di rado si ode l’espressione “Fa’ ‘o femmeniello c’ ‘o culo ‘e ll’ate“, ossia fa il femminello con il culo degli altri, che per evidenti motivi non stiamo a commentare.

Qui sta la differenza tra capo e leader: mentre il primo impartisce ordini il secondo, soprattutto con l’esempio e la condivisione, riesce ad ottenere eccellenti risultati, facendo regnare l’armonia all’interno del proprio team di lavoro.

La secondo è che l’etimologia ha che fare con Napoli: infatti l’espressione sembra fosse stata coniata per il generale francese Charles Antoine Manhès che inviato dal re Gioacchino Murat in Abruzzo a combattere i briganti (peraltro era la sua unica responsabilità… manageriale), dapprima organizzò la spedizione, ma poi rimase in città a gozzovigliare, conscio del fatto che una permanenza a Napoli era molto, molto più sicura che presentarsi su un campo di battaglia.

Alla fine il generale Manhès raggiunse mai le sue truppe? Questo purtroppo non è dato saperlo (secondo me lo stanno ancora cercando)…

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