Doppo muorto, buzzarato

Letteralmente: dopo morto, buggerato.

Così diciamo a Napoli per sottolineare quelle situazioni nelle quali, oltre ad aver subito il danno, siamo costretti a rifonderci le spese.

La locuzione è entrata a far parte del colorito frasario napoletano da quando un nostro concittadino, dopo la morte di Papa Pio XII, assistette ad un rito che ha radici antichissime: quella del percotimento, a cura del cardinale Camerlengo, della testa dell’ormai defunto pontefice con un martelletto d’argento per vedere se… la salma avesse qualche segno di reazione, certificandone, in caso negativo, il decesso!

Alcuni cenni storici: la tradizione vuole che il cerimoniale sia nato circa nel XII secolo, visto che le prime fonti citano Papa Pasquale II (1099-1118) la cui  salma fu «unta di balsamo», rivestita delle vesti sacre e sepolta, secondo le prescrizioni dell’ordo, ossia di un cerimoniale, «con i dovuti ossequi ed onori», con la partecipazione di clero e popolo e degli stessi cardinali.

Ritornando al nostro rito, tuttora praticato, dopo che il Santo Padre è spirato,  la sua salma  viene trasferita nella cappella adiacente la sua camera.  Qui il suo volto viene «coperto d’ un fazzoletto bianco», che il cardinale Camerlengo subito dopo toglie, per «scoprirgli il volto». Successivamente, una volta avvicinatosi al letto, con un martellino d’ argento batte per tre volte sul cranio del defunto, ed altrettante volte con chiara voce lo chiama per nome. Sicuro della dipartita, si rivolge ai presenti alla cerimonia, ai quali riferisce che «il Papa è realmente morto».

Quindi recita ad alta voce il salmo De Profundis ed asperge il cadavere con acqua benedetta.

Tralasceremmo gli altri rituali connessi anche perché, tutto sommato, “morto un papa se ne fa un altro”!

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