Il vicolo della Pace e una particolare targa…

Vico Pace: da via dei Tribunali a via Forcella

Vico nuovo Pace: da via San Nicola dei Caserti a vico Pace

Quartiere: San Lorenzo

C’è un’espressione napoletana “me pare ‘o ‘Spitale ‘a Pace“, con la quale sottolineiamo quelle situazioni nelle quali qualcuno abbia sofferenze di vario tipo e le esterni agli altri!

Come vedrete a questa “pace” sono dedicati anche due vicoli: ma vediamo insieme la storia.

I toponimi derivano dall’ospedale e dalla chiesa seicentesca della Assunzione di Maria della Pace.  La chiesa fu annessa al precedente ospedale cinquecentesco che i frati di San Giovanni di Dio ubicarono nel vecchio palazzo quattrocentesco di Sergianni Caracciolo nel 1629.

La pace franco-spagnola a cui si fa mensione riguarda quella fatta nello stesso anno di costruzione della chiesa (1659) tra Filippo IV di Spagna e Luigi XIII, pace evidentemente molto ben accolta a Napoli.

Oggi il vecchio ospedale ospita gli uffici comunali del quartiere san Lorenzo.

Il vicolo Pace risale addirittura all’epoca greco-romana e si chiamava vico del Lampario, perchè in questa zona si tenevano gare di corsa con le fiaccole, data anche la sua vicinanza ginnasio e delle terme; nel medioevo vi si costruì una cappella dedicata a sant’Angelo ad Corarum ed il vicolo fu detto “Ad curare” o “Coraria”.

Successivamente il vico assunse anche il nome di Scannagiudei, forse a testimonianza di una non pacifica convivenza tra napoletani ed ebrei.

Nel 1893 nell’ex ospedale della Pace fu collocata dai padri di san Giovanni una particolare lapide del sec. XVI dalla curiosa iscrizione , proveniente dal vicolo di San Nicola dei Caserti distante pochi passi.

Essa fu murata per desiderio di un ricco quanto malcapitato napoletano che non riuscì a difendersi dalle calunnie dei nemici che lo accusavano di omicidio, i quali, grazie anche a numerose testimonianze false, lo fecero giustiziare.

Prima di morire il disgraziato lasciò tutti i suoi averi ai frati a patto che la targa fosse murata nella via in eterno (fu poi spostata a seguito di necessari lavori murari).

La storia è narrata anche da Benedetto Croce che citava:

“ E vogliono che fosse l’ estrema voce, l’ ammonimento che andava oltre la tomba, di un dovizioso cittadino dimorante colà presso, il quale, per invidia e sopra false testimonianze accusato di omicidio, fu tratto al patibolo, e, prima di morire, legò tutto il suo all’ ospedale della Pace con l’ obbligo di fare scolpire quella lapide e mantenerla in perpetuo”.

La targa recita:

“Dio m’arrassa
da invidia canina,
da mali vicini et
da bugia d’homo dabbene”

ossia Iddio mi tenga lontano dall’invidia canina, dai cattivi vicini e dalla bugia di un uomo dabbene.

Un monito di grande attualità, non siete d’accordo?

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