Rummané â prevetina (oppure comme a don Paulino)

Foto di Rudy and Peter Skitterians da Pixabay

Letteralmente: rimanere alla prevetina o come don Paolino.

Questa espressione la si usa per segnalare di essere in condizioni economiche molto difficili (direi quasi insostenibili), allo stesso modo di un prelato nolano, tale don Paolino, il quale non avendo denaro disponibile, per celebrare la santa Messa aveva sostituito i tradizionali ceri a corredo della funzione con alcuni tizzoni roventi!

Una curiosità: con il termine “prevetina” a metà dell’ottocento ci si riferiva ad una moneta corrente pari a 13 grani (circa 57 delle vecchie lire), proprio perché con una di esse si pagava la celebrazione di una messa, divenendo così una moneta rimessa in circolazione e riutilizzata in larga parte proprio dai preti.

Però è anche vero che a quel tempo i prelati se la passavano male: infatti, potendo celebrare solo una messa al giorno, di denaro ne vedevano girare veramente poco!

Se volete avere informazioni maggiori sulle monete correnti intorno alla metà dell’800 (quando circolava ‘a prevetina, per intenderci), eccovi accontentati.

  • Grano:  4,365 lire italiane
  • Prevetina: 13 grani (56,745 lire italiane)
  • Callo: 1/12 di grano (0,363 lire italiane)
  • Trecalli: triplo di un callo (1,09 lire italiane)
  • Carlino: 10 grani (43,650 lire italiane)
  • Tornese: 2 grani (8,73 lire italiane)

Anche il Carlino aveva un … soprannome (figurati se il popolo napoletano non affibbiasse a questa moneta un nome fantasioso…): quando il suo valore si ridusse, passando a mezzo e poi a un dodicesimo di grano, la moneta prese il nome di penna, indicando sia il suo scarso valore, ma soprattutto perché mentre su una faccia della moneta era rappresentata l’annunciazione a Maria Santissima, sul rovescio della stessa era raffigurato il particolare dell’arcangelo con un’ala (per l’appunto penna) aperta.

Parole
Prevetina: moneta del valore di 13 grani

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