San Leucio: un grande esperimento di repubblica socialista!

Sapete tutti che l’illuminata presenza dei Borbone a Napoli è stata una lista interminabile di attività e di nuove iniziative: in questo contesto sicuramente un posto di rilievo lo merita San Leucio, a due passi da Caserta vecchia.

Ai più famoso per la sua tradizione nella lavorazione della seta, forse non tutti sanno che nel 1778 il re Ferdinando di Borbone IV effettuò  il primo tentativo di instaurare una repubblica socialista nella storia contemporanea!

Una cosa clamorosa, se ci pensate, perché lanciata da un sovrano illuminato, da molti considerato un despota, che non solo seppe sviluppare il tessuto economico e sociale del Regno, ma creò quell’humus nel quale ebbero modo di svilupparsi le idee illuministe, caldeggiate dai Vico, dai Galliani e dal Genovesi (solo per citarne alcuni), santa santorum della cultura internazionale dell’epoca.

San Leucio, come detto, nacque  per volontà del re il quale aveva una residenza di caccia che decise di abbandonare e destinare ad altri scopi, quando suo figlio, il principe ereditario Carlo Tito, morì prematuramente.

Sull’iniziativa egli ebbe così a dichiarare: “Essendo giunti gli abitanti del luogo, con le famiglie aggregatesi, al numero di 134 (…), temendo che tanti fanciulli e fanciulle, che andavano sempre aumentando, per mancanza di educazione divenissero un giorno e formassero una piccola comunità di scostumati e malviventi, pensai di stabilire una Casa di educazione per i figli dell’uno e dell’altro sesso, servendomi, per collocarveli, del mio casino (…). Col tempo, poi, rivolsi altrove le mie mira, e pensai di rendere quella Popolazione utile allo Stato, alle famiglie e a ogni individuo, introducendo una manifattura di sete grezze e lavorate di diverse specie fin qui poco e malamente conosciute, procurando di ridurla alla miglior perfezione possibile

Questo può definirsi in nuce l’atto di nascita ufficiale di  Ferdinandopoli che fu subito dotata di uno statuto, sottoscritto dall’illuminato… despota.

L’attività principale si basava sulla lavorazione della seta: la fabbrica tessile possedeva ben 82 ettari di terreno ad uso agricolo per coltivare quanto bastasse alle necessità della nascente comunità. Inoltre il sovrano aveva incaricato l’architetto Colecini di progettare e realizzare delle abitazioni  e dei servizi che rendessero più vivibile la condizione dei residenti.

La vita nella comunità era abbastanza dura, ma socialmente livellata: sveglia all’alba, partecipazione alla santa messa e poi al lavoro fino a mezzogiorno; dopo una pausa si riprendeva a lavorare intorno alle 13,30 e fino al tramonto.

L’istruzione era obbligatoria e sacra era la famiglia: se una ragazza voleva sposare un marito estraneo alla comunità riceveva una dote di 50 ducati che rappresentava la sua buonuscita (nel senso che avrebbe dovuto abbandonare San Leucio). Nel caso opposto se una donna accettava di entrare in comunità veniva subito avviata al lavoro, non senza un adeguato corso di filatura, attività core della Comunità!

Le liti, quando presenti, venivano dipanate dal parroco e dagli anziani (che contavano, eccome…)… e se qualcuno aveva bisogno di un finanziamento trovava la disponibilità della Cassa di Carità che anticipava fondi senza la corresponsione di interessi! Inoltre la Cassa, attraverso un prelievo forzoso sullo stipendio di 85 centesimi di lira aurea, aveva creato il primo esempio di trattamento pensionistico al mondo (e vai con un altro record)!

Una cosa veramente curiosa: esisteva un carcere con un sovraintendente; una volta vi finì un abitante della Comunità al quale fu recapitato in cella un telaio affinché continuasse con le attività lavorative, non oziando ma garantendo il sostentamento per l’intera famiglia.

La creazione di una comunità sociale per il recupero di persone in disagio nel rispetto dei principi di convivenza; una riforma pensionistica pratica ed autoalimentata, una riorganizzazione carceraria per rendere il detenuto utile alla società, un sistema giudiziario efficiente: questo era san Leucio.

Le attività gestite scomparvero con l’unità d’Italia, una manna per il sistema sabaudo, una croce per un territorio ricco e  fiorente.

E qualcuno storce ancora il naso, quando gli diciamo che siamo ancora fortemente legati a questo… despota illuminato?

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  1. GIORGIO albano

    mettete questo sui libri di storia

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