Letteralmente: la vecchia il trenta di agosto mise l’aspo sul fuoco.
Durante gli ultimi anni si è assistito ad una sorte di mutamento climatico, che ha portato progressivamente ad un cambiamento meteorologico e delle stagioni, così come le abbiamo sempre intese.
Siamo usciti da un’estate, quella del 2014, che si era contraddistinta per non essere stata un estate… Diluvi, bombe d’acqua, fulmini e saette: una stagione così, francamente, non ce l’aspettavamo proprio (compreso il prosieguo, fatto di esondazioni, alluvioni e relative frane – non solo in senso metaforico – di un paese alla deriva).
Poi è arrivata quella del 2015: torrida e afosa.
Però a sentire gli esperti capita che ciclicamente ci siano annate che si presentano con queste contraddizioni: proprio come quella richiamata da questo vecchio proverbio.
Va da sé che, contrariamente a quanto sembra l’ammonimento non è tanto di tipo salutare, bensì legato alla necessità di essere sempre preparati ad ogni evenienza e di tenere una via d’uscita a portata di mano.
La nostra vecchietta sulla base dell’esperienza non ci ha pensato a sacrificare addirittura l’aspo (che come tuti sanno serve a lavorare la lana) e che potrebbe rappresentare lo strumento di lavoro dal quale recuperare i mezzi di sostentamento.
La morale è dunque quella che ci vien da un altro proverbio, questa volta italiano, ma assolutamente valido per tutte le occasioni. Quale? “A mali estremi, estremi rimedi”…