Un falso storico diventato un motto
Facimmo ammuina” è conosciuto come “Regolamento della Real Marina Borbonica del 1841” il cui testo recitava: “All’ordine “Facite Ammuina!”: tutti chilli che stanno a poppa vanno a prora, chilli che stanno a destra vanno a sinistra e chilli che stanno a sinistra vanno a destra, tutti chilli che stanno abbascio vanno ‘ncoppa e chilli che stanno ‘ncoppa vanno abbascio passanno tutti p’o stesso pertuso. Chi nun tiene niente ‘a fà, s’aremeni a ccca e a llà”.
Di questo testo, che gira in varie forme tutte più o meno raffazzonate, sottolineo solo tre termini: “abbascio“, dal latino ad bassum; “ammuina” (qui nel senso di fare confusione) dal verbo spagnolo amohinar, dare fastidio; “aremenanarse“, dalla radice “mernare” che si ritrova in molte lingue europee preceduta dalla preosizione “ad” , cioè “muoversi da un luogo all’altro, senza scopo e senza ordine“…
Facimmo ammuina” non è mai stato un regolamento della marina borbonica e sulla sua genesi esistono varie interpretazioni. Secondo alcuni trarrebbe origine da un (improbabile) fatto accaduto dopo la nascita della Regia Marina italiana: un ufficiale napoletano, Federico Cafiero (1807 – 1888), passato ai piemontesi già durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie, sorpreso a dormire insieme all’equipaggio, fu messo agli arresti da un ammiraglio piemontese per indisciplina.
Scontata la pena, l’ufficiale fu rimesso al comando della sua nave dove pensò bene di istruire il proprio equipaggio a “fare ammuina” cioè la maggior confusione possibile, in modo da essere avvertito se si fosse presentato un ufficiale superiore e, allo stesso tempo, per dimostrare l’operosità dell’equipaggio. Secondo un’altra ricostruzione, il falso è frutto dell’ambiente goliardico dei cadetti napoletani del collegio di Pizzofalcone più probabile e databile fra il 1841 e il 1844.
Ma passiamo ai fatti veri: la Real Marina del Regno delle Due Sicilie di antichissima tradizione, aveva dato origine nel 1735 alla Real Accademia di Marina, il più antico istituto del genere in Italia, dal quale fu a sua volta gemmato l’Accademia Navale di Livorno.
Del falso regolamento borbonico esistono -e sono state vendute ai turisti- false copie di una inesistente antica stampa datata 1851, che riportano come firmatari l’Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto e il “Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina” Mario Giuseppe Bigiarelli. Ripetiamo: il regolamento della Real Marina del Regno delle Due Sicilie non ha mai annoverato tale articolo, né sono stati mai in servizio l’ammiraglio di Brocchitto e il maresciallo Bigiarelli.
I cognomi sono inoltre inventati: il primo non esiste in alcun archivio di cognomi italiani, mentre il secondo non fa assolutamente parte dell’onomastica delle Due Sicilie. Inventato è anche il grado di “Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina”.
Infine il regolamento della Real Marina, come tutti gli atti ufficiali, era in italiano.
Anche l’esame linguistico del “napoletano” solleva numerosi dubbi, soprattutto a causa dell’uso dell’indicativo per la formulazione degli ordini invece della forma corretta “… jessero ncoppa…”.
Da ultimo, nel XIX secolo l’uso del presente congiuntivo s’aremeni, era stato abbandonato e sostituito dalla forma ottativa s’ar(r)emenasse.
Nota di moda
Armata di mare è stato fino al 2007 il marchio ufficiale della Marina Militare Italiana. Ma nel 2007 ha smesso di essere il fregio della Marina ed è stato acquisito dal gruppo commerciale di abbigliamento e accessori FACIB, tutti rigorosamente con il fregio ufficiale della marina, dove l’ancòra è la vera protagonista.
Come disse il cardinale Carlo Carafa, “Vulgus vult decipi, ergo decipiatur”, cioè “Il popolo vuole essere ingannato, e allora sia ingannato”.
Così va il mondo!
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