Il ragù patrimonio campano

C’è un suono che a Napoli si sente a porte chiuse, eppure lo riconosci da lontano: è il borbottio lento e costante del ragù, quello vero, che sobbolle per ore nella pentola come se raccontasse una storia. E ora, finalmente, questa storia avrà un giorno a lui interamente dedicato: ogni seconda domenica di novembre sarà la Giornata del Ragù Napoletano, un tributo ufficiale a uno dei pilastri dell’identità culinaria e culturale partenopea.

Questa decisione del Consiglio Regionale della Campania è più di una semplice dedica a un piatto: è il riconoscimento di un rituale collettivo, di un affetto che si rinnova ogni settimana in cucina, tra pentole e ricordi, mani che mescolano lentamente e voci che si rincorrono attorno a un tavolo.

Un piatto, mille storie

Il ragù a Napoli non è solo una salsa. È un atto d’amore, un legame intimo tra generazioni. Ci vogliono tempo, cura e una certa devozione per prepararlo “comme Ddio cumanna”. Non si può avere fretta: si parte al mattino presto, quando la città si stiracchia ancora nel sonno, e si continua fino all’ora di pranzo, quando finalmente, tra pane intinto e sorrisi complici, si raccoglie la ricompensa.

Con questa giornata, si celebra il valore della lentezza, della pazienza e della famiglia, in un’epoca in cui tutto corre troppo veloce. Sarà una festa che unirà, che profumerà i vicoli e le piazze, e che permetterà a chiunque – turisti e cittadini – di riscoprire un’antica verità: a Napoli il ragù è sacro.

L’idea: una grande festa popolare

C’è l’intenzione di trasformare questa giornata in un evento sentito, condiviso, partecipato. Piazza del Plebiscito, cuore simbolico della città, potrebbe diventare il centro pulsante della festa, accogliendo famiglie, cuochi, appassionati e curiosi in una sorta di grande pranzo collettivo, tra dimostrazioni, degustazioni e racconti.  Perché il ragù non si assaggia solo col palato: si vive, si ascolta, si tramanda.

L’omaggio più grande? Alle nonne

A Napoli, la memoria ha spesso mani femminili. Sono le nonne che per prime insegnano cos’è davvero il ragù: non una ricetta, ma un’eredità. Con i loro gesti lenti, le dosi “a occhio” e quell’occhio che non sbaglia mai, sono loro le vere maestre di questa liturgia domenicale. Dedicar loro questa giornata significa onorare la trasmissione della cultura attraverso il cibo.

Il ragù come simbolo di resistenza culturale

In un mondo che cambia, in cui le tradizioni rischiano di diventare cartoline sbiadite, questa iniziativa è anche un gesto di tutela: il ragù napoletano diventa ufficialmente patrimonio della Campania, un’icona da custodire e far conoscere. Non è solo nostalgia: è affermazione di identità, orgoglio, e bellezza che si rinnova ogni domenica.

Come dice il proverbio napoletano: “’O rraù adda pippià” – il ragù deve sobbollire, lento, come i sentimenti più profondi.
E adesso, con una giornata tutta sua, quel borbottio diventa voce: una voce che racconta Napoli.

Fonte

grandenapoli.it; wikipedia.org
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