Qualche tempo fa ho molto apprezzato un post su Facebook di Pasquale Festa che si soffermava sul degrado sociale che affligge da troppo tempo la nostra città.
Di quel post vi riporto alcuni passaggi (l’intero post lo trovate al seguente link: https://www.facebook.com/linofesta54).
Siamo stanchi.
(…)
Siamo stanchi delle vostra ignoranza, delle vostre figure di merda non appena aprite bocca e a cui siamo costretti a vederci accomunati.
(…)
Ci viene l’orticaria quando sentiamo i vostri mugugni tribali racchiusi tutti in 3/4 parole chiave (pescmman, lot, kitammuort, bucchin).
(…)
Siamo stanchi, di questi rifiuti umani che di partenopeo non hanno niente nonostante siano nati a Napoli.
Si tratta di un’analisi lucida, di un grido di dolore per riconquistare alla città la sua dignità, per cancellare luoghi comuni e becere dichiarazioni di odio nei confronti della nostra terra.
Tutto inutile.
Quello che Pasquale Festa denuncia, trova ospitalità in trasmissioni trash che, addirittura, sfociano in risse e non solo verbali ed infine trovano fertile humus all’interno dei social e viceversa. L’audience, prima di tutto.
A tal proposito, negli ultimi anni è esploso il fenomeno TikTok, il social cinese lanciato nel settembre 2016, che oggi conta oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo.
Secondo l’idea dei suoi inventori, gli utenti, soprattutto adolescenti, avrebbero avuto la possibilità di creare brevi clip musicali di durata variabile, ma molto breve, aggiungendo filtri, effetti particolari e suoni ai loro video.
Molte preoccupazioni aveva suscitato il suo lancio, soprattutto perché, in tanti, tra cui Anonymus, avevano espresso dubbi che, attraverso l’intelligenza artificiale sulla quale si basa il social, il governo cinese, molto attento e curioso su come le cose girano nel mondo, avesse potuto effettuare una sorta di spionaggio di massa.
Dopo un primo momento in cui l’applicazione è girata tra i giovani, con il suo arrivo in Italia ed a Napoli in particolar modo, si è assistito alla sua mutazione genetica, che manco i cinesi avrebbero immaginato.
Ovviamente la mia non è una critica al social, semmai a cosa esso contiene.
Parliamo dunque di una mutazione che ha fatto nascere nuovi ruoli sociali che vanno sotto il nome di tiktoker, un tentativo di divenire in qualche modo influencer, sulla scia di quelli più ricchi e famosi.
Il fatto stesso che il social garantisca la corresponsione di introiti in relazione al numero dei contatti e alle donazioni (in che modo si svolga non mi è del tutto chiaro) ha fatto sì che si creasse un nuovo mestiere e che nello stesso tempo venissero coinvolte famiglie, bambini ed animali domestici compresi.
A Napoli, diciamolo, il peggio è emerso in tutta la sua volgarità attraverso l’occupazione degli spazi e le parole di Pasquale Festa sembra siano state profetiche (ma purtroppo limitative).
Ai primi segnali di espansione del social anch’io ne ho chiesto l’iscrizione, ma la mia partecipazione è prossima allo zero: preferisco osservare più che esserne coinvolto!
Analizziamo ora il TikTok made in Naples, anticipando che molti dei contenuti che elencherò sono confortati da tante notizie che frequentemente appaiono sulla stampa nostrana e che, quindi, non sono frutto di allucinazioni di chi vi scrive.
Cominciamo con il dire che l’italiano non è stato bandito, ma non è mai esistito, come pure il buon gusto e la decenza (le castronerie e le vongole che si ascoltano, a chi è in possesso di un minimo titolo di studio dovrebbero dare la nausea, invece sembra che stuzzichino il divertimento).
Oltre a quelle citate da Pasquale Festa sono state coniate o modificate sotto l’aspetto comunicativo ulteriori espressioni (“Ammore”, “Tutt’apposto” sono diventate anche brusche reazioni a giudizi ricevuti), le minacce sono all’ordine del giorno, l’ignoranza è stata posta come elemento distintivo (si vede lontano un chilometro che molti forzano la mano per avere qualche like in più), il numero di follower che diventa ragione di vita (e di guadagno).
Il trash (‘a munnezza per dirla in lingua) è divenuto il sottofondo alle performance di tanti (troppi); a farla da padrone, ora, sono gay, trans, malati mentali, esclusi dalla società civile, malavitosi, seguaci di un machismo da nausea, che si sentono personaggi pubblici, ormai intoccabili.
Sono così nati i paladini dell’evasione fiscale, del reddito di cittadinanza a divinis, del lavoro nero, di quattro teppistelli armati e della venerazione dei carcerati, ma solo di quelli che seguono le ferree regole imposte non dal regime carcerario, bensì dai trattati malavitosi. Nell’ultimo periodo, ad esempio, sempre più video arrivano dalle carceri italiane, in spregio alle regole di sicurezza che una Stato dovrebbe avere e tutelare.
A farne le spese di questa perversa quanto pericolosa aggregazione, un rappresentante delle istituzioni che cerca di ripristinare un po’ di ordine decente in città, ricevendone in cambio, improperi, aggressioni fisiche e verbali, minacce.
C’è violenza nel social, quindi. Anche i “falsi” litigi diventano poi, nei fatti, fonte di risse reali e con successivi commenti ed interpretazioni che arrivano fino al limite del disgusto.
I più gettonati, poi, riescono anche ad avere qualche comparsata in TV o addirittura entrare nel mondo della canzone neomelodica, ripetendo all’infinito in feste di ogni genere (che non possiamo non definire iper trash) il loro nauseante motivetto (che purtroppo è diventato virale e quindi richiestissimo).
Non cito e non faccio i nomi degli interpreti che ho mio malgrado “analizzato” negli ultimi mesi, solo per non rendergli un’attenzione che non meritano.
Ma una domanda sorge spontanea: perché noi napoletani “normali” dobbiamo essere accomunanti a questi personaggi? Purtroppo alcuni tiktoker raggiungono un numero di follower così elevato da essere quasi pari al numero degli abitanti di Napoli: vuoi vedere che ci vi scrive, insieme ad un manipolo di pochi romantici che strenuamente denunciano questo squallore, devono deporre le armi e far finta di non vedere nulla?
A che serve lo sforzo di tanti appassionati che dedicano il loro tempo alla ricerca delle radici culturali della nostra città, quando il giudizio su Napoli è corroborato dai video che diventano anche virali?
Credetemi, vivendo al Nord, si fa una fatica enorme a discernere tra le due facce della città e la sintesi che emerge, nelle lunghe chiacchierate con chi verrebbe di corsa in visita alla città, tra le più belle ed accoglienti, è l’accomunare in un niente la parte buona della cittadinanza a quella pessima!
Perché dobbiamo essere trattati in questo modo? Ma addo’ simme arrivate?
Alla fine dell’analisi mi chiedo e vi chiedo se la mia non sia una protesta condivisibile e se, tutto sommato, la vita va (o deve andare) avanti così.
E se così fosse, vi prego: “fermate il mondo, voglio scendere!” (cit.).