Je so’ pazzo
Premessa
L’etimologia del termine “pazzo” (usato sia in italiano che in napoletano) è incerta: l’ipotesi più probabille è che derivi dal latino patiens, cioè “paziente, che patisce”, ma qualcuno, in forza del detto “être effronté comme un page”, parla di una derivazione dai dominatori francesi; e “page” ossia “paggio” (confronta il detto francese), in forza del principio che un paggio (servitore), per affrontare il proprio padrone doveva aver perso la ragione.
I manicomi erano nati nel XVIII secolo come “asili per lunatici” per quelli giudicati “anormali” e includevano per ciò anche i vagabondi, le prostitute, i visionari di ogni tipo e tutti schierati al di fuori della società costituita, quindi persone squilibrate, maniache, dementi, furiose, affette da “cretinismo” e da idioti fino ad includere gli asociali e anche i poveri e orfani e vedove senza alcun mezzo di sostentamento, invertiti sessuali e gli affetti da infezioni di origini sessuali, mongoloidi insomma tutti coloro che erano emarginati e non protetti dalle proprie famiglie.
Il termine “asilo” ha una valenza molto ampia che va dai casi suaccennati al paragrafo precedente, ai centri fino all’asilo politico, per i dissidenti e agli “asilo nido” riservati all’accoglienza e cura. di gioco e di apprendimento di bambini al di sotto dell’età scolare.
La storia di un monastero napoletano diventato manicomio
Nel 1572, in un’estesa proprietà del principe di Sansevero Gianfrancesco Di Sangro, i frati cappuccini progettarono di costruire, acanto alla chiesa (ultimata nel 1661, grazie alle donazioni ricevute dai nobili, soprattutto Carafa) un edificio destinato ai frati minori cappuccini: nel progetto (un convento con 160 stanze per i frati, due chiostri, vari cortili, l’orto e le varie aree comuni), era compresa anche una “Area della salute”, cioè un convalescenziario e una farmacia. Nell’800 un incendio distrusse quasi quasi tutto, dagli affreschi alle statue, agli edifici. Re Ferdinando fece subito restaurare la chiesa, ma non il monastero che fu adattato a caserma. Nel 1925 il complesso fu destinato a manicomio criminale e nel 1975 divenne Ospedale psichiatrico giudiziari (con il nome dio “OPG Sant’Eframo”, poi trasferito presso il Centro Penitenziario di Napoli-Secondigliano. Nel 2015 la struttura fu occupata dal Collettivo Autorganizzato Universitario di Napoli, che ha dato vita a “Ex OPG occupato Je so’ pazzo” con lo scopo di far riappropriare la città, e in special modo il quartiere, di un proprio bene
La canzone ispiratrice
Il nome del collettivo prendeva spunto dalla canzone di Pino Daniele, presentata al Festivalbar. Pino, a sua volta, era stato ispirato da Masaniello, che -in un periodo di rigido controllo del regime monarchico spagnolo- aveva rivendicato i diritti del popolo, rimettendoci la vita. Pino, a differenza del capopopolo napoletano, trova l’escamotage: dichiarandosi insano di mente, si risparmia un’eventuale condanna per sobillazione popolare. Inoltre, definisce la sua canzone un “Taramblù”, ovvero un mix di tarantella, rumba e blues; tarantella come richiamo alla sua napoletanità; rumba come riferimento ai ritmi afrocubani; blues, perché «chi dice che Masaniello / poi negro non sia più bello?». Insomma, la plebe napoletana, disperata e sottomessa che dovette simulare la follia per ottenere un trattamento più equo, ancora oggi potrebbe essere un modello per la quote di popolazione oppressa ed emarginata economicamente e/o socialmente.
Note/ricordo populistico-napoletanissime
Nel 1955 Achille Lauro, sessantottenne, durante la finale di un concorso di bellezza conobbe Eliana Merolla si conoscono, Lauro ha 68 anni, Eliana al contrario è giovanissima e vuole fare l’attrice; ne nacque una relazione (seguita dal matrimonio) che diede frutti “cinematografici”: il comandante per amore fondò una casa di produzione “Partenope cinematografica” finanziando il film “La contessa azzurra!” di Claudio Gora, con Paolo Stoppa, Amedeo Nazzari ed Eliana (in arte Kim Capri o Elly Davis); la sceneggiatura fu scritta da Giuseppe Marotta e da Ennio Flaiano e l’ interprete principale avrebbe dovuto essere Paul Newman … Insomma, una storia simile a quella più conosciuta, tra Carlo Ponti e Sophia Loren, ma in tono minore…
È il caso di ricordare lo stravagante “Agostino o’ pazzo”, il giovanotto che sulla sua moto che scorribanda a piena velocità per i vicoli di Napoli nelle notti tra il 23 e il 27 agosto del 1970 che furono definite dalla stampa «le quattro nottate di Napoli»,: per prenderlo ci vollero oltre settecento poliziotti e carabinieri …

Fonti

Pagina Facebook Etimologia delle parole napoletane
(Da alcuni miei vecchi post, modificati; i repertori della stampa napoletana; Wikipedia et Al., modificati; Immagini: L’ex asilo, oggi comunità; “Scugnizzo liberato”).
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