La leggenda del coccodrillo del Maschio Angioino
La storia del castello in breve
Fu edificato da Carlo I d’Angiò, quando trasferì la capitale del suo Regno da Palermo a Napoli, Carlo fece costruire in prossimità del mare Castel Nuovo (Chastiau neuf), che fu non solo fortificazione ma soprattutto una grandiosa Reggia, preferita a Castel Capuano, antica fortezza normanna giudicata inadeguata alla funzione di palazzo reale.
L’architetto francese Pierre de Chaulnes costruì il “Castrum Novum” in appena tre anni (1279 – 1281), ma per via delle vicende belliche (Vespri Siciliani) Carlo non vi dimorò mai; vi abitarono, invece, Giovanna I D’Angiò e Giovanna II, regine che avevano in comune il nome, le abitudini lussuriose, la predilezione per amanti giovani e belli, la crudeltà e l’indifferenza per i loro sudditi. In particolare, la prima fu descritta “Bella e seducente, vana e mutevole, ma buona e di buon senso, se ne viveva in letizia di facili amori“, di cui poi si liberava, dandoli in pasto al coccodrillo, tramite una botola.
Una leggenda narra che il coccodrillo fu portato a Napoli dall’Egitto, dalla regina Giovanna II che sposò nel 1415 Giacomo di Borbone e fu immesso nei sotterranei della storica fortezza fatta edificare nel XIII secolo da Carlo d’Angiò, dove c’erano due fosse: in una (Fossa del Miglio, inizialmente era usata come deposito del grano) venivano gettati i prigionieri (quelli della congiura Dei Baroni contro Re Ferrante d’Aragona); l’altra era abitata dal coccodrillo.
L’animale – a dire di non solo di Dumas, ma anche di Benedetto Croce – fu responsabile della scomparsa di molti dei detenuti, di cui si appropriava grazie ad un’apertura nel sotterraneo e se ne cibava. Vox populi vorrebbe che in pasto al coccodrillo siano finiti i traditori del Regno e anche la moglie ed i quattro figliuoli di Tommaso Aniello -per tutti Masaniello.
Un’altra leggenda narra invece che a inventare la fossa del coccodrillo fu Ferrante d’Aragona, re di Napoli dal 1458 al 1494. Il sovrano gettò lì, dopo averli attirati in un tranello, numerosi Baroni protagonisti d’una congiura ai suoi danni. Secondo Croce, fu proprio re Ferrante a decidere di disfarsi dell’animale, gettandogli in pasto una coscia di cavallo. Morto soffocato, l’animale fu pescato, impagliato e appeso alla porta d’ingresso.
Pompeo Sarnelli, autore di una delle prime “guide turistiche” su Napoli, sostiene invece che il coccodrillo giunse a Napoli già impagliato e fu offerto alla Madonna del Parto come ex voto da un soldato di ritorno dalla campagna militare d’Egitto ed era custodito nella Cappella Palatina del Castello. Dopo essere stato esposto per secoli all’entrata del Maschio Angioino, il coccodrillo è rimasto per 150 anni nei depositi del Museo di San Martino di Napoli.
Le ricerche portate avanti sono state compiute sull’analisi del DNA antico prelevato dalla radice di un dente dell’animale. Gli studi eseguiti hanno permesso di classificare il coccodrillo come Crocodylus niloticus, un genotipo la cui presenza è testimoniata nei pressi del lago Nasser in Egitto. Il metodo del radiocarbonio, invece, ha contribuito a datare l’animale che pare sia esistito in un periodo compreso tra il 1296 e il 1419.
Tutte queste nuove informazioni confermerebbero la leggenda dell’ex voto raccontata da Pompeo Sarnelli.
Nuovi studi sull’animale sono stati condotti da Vincenzo Caputo Barucchi, ordinario di Anatomia comparata all’università politecnica delle Marche, dai suoi assistenti e da un gruppo di esperti dell’Università Federico II di Napoli. Lo studio è stato pubblicato sull’European Zoological Journal.

Fonti

(Da molti testi e dai miei vecchi post, rivisitati da <Sylo24> e A. Corradini in “Identità Insorgenti”, che ringrazio per l’immagine del coccodrillo impagliato rappresentato sul portale del castello.
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