Cominciamo con il dire che quando ci rivolgiamo oppure facciamo riferimento a qualcuno definendolo Mamozio, non è certo per elogiarlo: infatti con questo termine definiamo una persona imbambolata, incerta nei suo movimenti, con non pochi problemi mentali.
Era forse il nostro Mamozio in possesso di tali difetti? La risposta è no.
Il Mamozio in questione (o forse sarebbe meglio dire il Marvozio…) altri non era che una statua del IV secolo dopo Cristo rinvenuta nel 1704 durante le opere di scavo per la costruzione della chiesa di San Giuseppe, a Pozzuoli raffigurante il nobile puteolano Flavio Egnazio Lolliano Quinto Mesio Mavorzio, pretore urbano, proconsole della provincia dell’Aquila e candidato questore.
La statua, purtroppo, era priva della testa, tanto che fu chiamato uno scultore per provvedere alla sua sistemazione. Costui era tanto sprovveduto da creare una testa piccola, sproporzionata alle dimensioni del console raffigurato, tanto da renderlo buffo.
Il termine Mamozio, quindi, da Pozzuoli entrò nelle espressioni napoletane, tanto che se ne ritrova traccia anche in una supplica a San Gennaro (“Nun vulimmo a ‘nu mamozio ca nun tene autorità” – Non vogliamo un “mamozio” che non tiene autorità).