‘N Paraviso
La storia
Il 19 aprile del 1891, Ferdinando Russo compì un giro sul pallone aerostatico del capitano svizzero Eduard Spelterini: ispirato dal viaggio… aereo, nell’arco di una sola notte scrisse un poemetto che consegnò all’editore Pirro del <Pungolo>, per sanare un debito di gioco di cinquecento lire. Napoli, vista da un’altezza di oltre 3.000 metri, fu l’occasione adatta per trasferire con un poemetto la sua città e i suoi abitanti (pregi, difetti e debolezze inclusi) nell’alto dei cieli: insomma un’agiografia cristiano-napoletana sprizzante allegria.
Il viaggio
Dopo una giornata trascorsa con gli amici nell’osteria della bella Donna Carmela, il poeta attraversa una strada <scura e stramana> dove gli appare Virgilio, che si offre di accompagnarlo nel regno dei dannati visto che aveva smarrito la diritta via, a causa della sua vita licenziosa e dissoluta. Gli abissi infernali assomigliano terribilmente a Napoli con i suoi rumori e le sue voci e anche Satanasso come farebbe un napoletano <doc:> lo invita a gustare un bicchierino di limoncello preparato dalla sua diavolessa. Poi incontra un vecchio Mago, che attraverso uno specchio fatato, lo invita a guardarsi intorno: ci sono Giovanni Pantalena, Eduardo Scarpetta, Federico Stella e addirittura Assunta Spina (una moderna Pia dei Tolomei). A questo punto, il poeta si risveglia, ringrazia il mago e esperienza e corre nella sua casa del vicolo dei ‘Cristallini’ dove -di getto- scrive i suoi versi.
Nota etimologica
Paradiso deriva dal greco <παράδεισος giardino, parco>, ma a sua volte fu mutuata dall’anticoranico e poi fu ripresa dall’ebraico (<pardes>, futteto). I cristiani se ne ispirarono per il loro paradiso terrestre; i credenti cattolici lo trasformarono nel <luogo delle anime dei giusti> che dopo la morte vi trascorreranno la vita eterna e felice; i venditori di viaggi turistici in <paradisi di massa>
Dal punto di vista simbolico, il paradiso è una condizione della mente libera da condizionamenti e capace di <volare oltre e dentro>: oltre quello che è percettibile e dentro quello che è nell’animo…
Ecco l’incipit del lungo poemetto (potete leggerlo per intero sul sito Wikisource https://nap.wikisource.org/wiki/%27N_Paraviso)
‘Nce so’ ghiuto int’ ô, pallone.
e perciò ve saccio ‘a ddì
tutto chello ca vedette,
e v’’o ppozzo fa capì.
Me mettette int’â canesta
Mmiez’ âfolla che gguardava;
quaccheduno cumpateva,
quaccheduno se spassava,
E ‘nce fuie cchiù de n’amico
ca dicette: Ferdinà,
saglietenne allegramente!
jammo, nun t’appaurà!

Fonti

Da alcuni miei vecchi post, Wikisource et Al. modificati; l’immagine: la copertina del poemetto.
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