Foto prodotta dall’AI
Letteralmente: lo zoppo (o il paralitico) ed il cieco.
Si tratta di un’espressione che a Napoli rivolgiamo ad una coppia di persone male in arnese, non in grado di darsi reciproca assistenza, né tanto meno di risolvere situazioni, all’apparenza semplici. La storia dell’unione, o meglio, della collaborazione tra un non vedente e una persona claudicante, fa parte della tradizioni favolistica di tanti paesi.
Ad esempio, ve ne è una attribuita allo sceicco Aḥmed Faruqi, che morì nel 1615, che brevemente vi racconto.
In una taverna si incontrarono, per l’appunto, un cieco ed un zoppo, ed entrambi si lamentavano in quanto, benché invitati al banchetto del sultano, non ci sarebbero mai potuti arrivare, stante le loro condizioni. Un avventore suggerì loro di unirsi e fare il modo che il cieco portasse sulle spalle lo zoppo, il quale avrebbe indicato la via: questa soluzione, diciamo geniale, consentì ai due di raggiungere il luogo di destinazione.
Sulla via si fermarono in un’altra taverna, dove trovarono un sordo ed un muto, che avevano avuto lo stesso problema, tuttavia non risolto, sia per l’incomunicabilità tra i due, ma soprattutto perché non c’era una terza persona che avrebbe potuto dare loro una mano per risolvere la questione!
Anche la Bibbia cita, nel libro di Giobbe «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (29,15), a voler porre in evidenza la misericordia divina.
Per quanto riguarda ‘o zuoppo e ‘o cecàte napoletani, vi è un fondamento storico che val la pena di raccontare e che da’ vita all’espressione che ci occupa.
Verso la fine del ‘500, pare esistesse una coppia di individui così assortiti, entrambi musicanti, che cooperavano insieme, dandosi aiuto reciproco.
Uno era lo zoppo Janne de la Carreòla (Giovanni della Carriola), il cui nome derivava dalla carriola che l’aiutava nei movimenti, che fu un noto poeta, tanto che il suo nome appare in numerose opere dialettali napoletane. Si trattava quindi di un affermato cantastorie che si esibiva seduto, come detto, su di una carrettino (che in dialetto chiamiamo carruòciolo); del cieco Junno si hanno poche notizie anche se il suo soprannome (Junno cecato), ci dice che fosse biondo.
Da quel che possiamo capire, i due erano antesignani dei “posteggiatori napoletani“, che si esibivano nei ristoranti pe’ se aiza’ ‘a jurnata (guadagnare quanto basta per vivere al momento), che consentisse a loro ed alle loro famiglie un vivere in modo decoroso.