Foto di Wilhan José Gomes wjgomes da Pixabay
Diciamo subito che non voglio proporvi alcuna formula scaramantica.
Ci sono tanti modi per capire che il tempo passa e che stiamo passando attraverso le diverse fasi della vita: gioventù, maturità, vecchiaia.
Ce lo dicono tante cose: l’apparire delle prime rughe, i doloretti che si manifestano qui e lì senza una apparente spiegazione, le scale da salire che diventano sempre più erte.
Il più delle volte, invece, a dircelo sono proprio le altre persone, inconsapevolmente. Come? Semplicemente attirando la nostra attenzione!
Tanto tempo fa le frasi di richiamo erano pressappoco: Guagliò! per la fascia di età entro la trentina, Capo! per chi aveva raggiunto la maturità e amico!, per le fasce di età indefinite.
In questo caso la differenza tra Capo! e Amico! era un modo gentile per non far pesare l’età dell’interlocutore.
Oggi invece questi richiami vengono sostituiti da altri più diretti, che minano le sicurezze che si hanno.
Tralasciando il guagliò! cominciamo con la fascia 15 – 40. Il richiamo Amico! è sostituito da un più popolare ‘O fra’ (fratello) e da un più inaccettabile inglesismo quale ‘O bro’ (non il brodo, ma la trasposizione partenopea di brother), per non parlare dell’odioso fratemo!.
Passati i 50, arriva il dramma. Le definizione di richiamo diventa ‘o zi‘ (zio), quella terra di mezzo tra la gioventù andata e la vecchiaia incombente.
Me lo raccontava qualche tempo fa un mio fraterno amico, eccellente giocatore di calcio, purtroppo canuto. E mi diceva che in una partita di calcio un giovane avversario, per riottenere il pallone di gioco, lo avesse apostrofato con un “‘o zi’ m’ho passate ‘o pallone?“.
Non poté non rabbuiarsi e capire che ormai, almeno sul campo di gioco, nel giudizio di chi lo stava partecipando in quel momento, poteva appartenere solo alla dimensione dell’attaccare le scarpette al chiodo, confermando di essere giunti al suo autunno (inoltrato) calcistico!
Foto di Daniel Kirsch da Pixabay
Sembra niente, questione di tempo, che l’esclamazione passa a ‘o no, e qui l’ineluttabilità della vita che passa si fa realtà ed il pensionamento si intravvede all’orizzonte.
Per quanto ovvio la declinazione deve essere fatta anche al femminile, con i dovuti distinguo (mancherebbe, come per brother l’inglesismo sister, ma la defininizione ‘a si’, non risuona bene).
Vivendo nel nord-est queste modalità di richiamo dell’attenzione mi sfuggono, così che, a testimonianza di quanto asciutta possa essere la lingua veneta, indipendentemente dall’età il termine che viene utilizzato è vecio, ossia vecchio.
Ha un senso di affetto, di unione, in una comunità che fa fatica a creare relazioni empatiche, come quelle di noi napoletani
Grazie di cuore per l’affetto, allora, ma viecchio a cchi?