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Letteralmente volere l’uovo sgusciato e pronto (per essere mangiato).
Tutti noi abbiamo sempre pensato che l’espressione fosse riconducibile al cocco, frutto della pianta tropicale… L’immagine ci riporta quindi ai venditori di questo frutto che, al grido “Cocco bello” o “Cocco di mamma” ci offrono (dietro pagamento, s’intende), il suo buonissimo contenuto.
Se avete questa convinzione siete su una strada sbagliata. In questo caso parliamo dell’uovo di gallina che a Napoli, soprattutto i bambini, chiamano per l’appunto “cocco” o “cococco”, a richiamare il verso del pennuto prima di deporlo…
Questa espressione la si riferisce a quelle persone che non hanno molta confidenza con il lavoro o che si impegnano poco per ottenere qualcosa, aspettando che siano altri a preoccuparsi di loro, non volendo contribuire nemmeno a sbucciare un uovo, attività che per il suo espletamento non richiede grandi sprechi di fatica…
Come cita Raffaele Bracale nel suo Blog, ci sarebbe un’altra versione, utilizzata durante l’ultima guerra mondiale quando molte donne napoletane in cambio di qualche genere di conforto si concedevano ai militari americani.
Considerando che nel gergo tipico delle truppe a stelle e strisce il membro maschile veniva chiamato cock e che le donne si concedevano anche senza alcuna protezione (quindi sbucciato, ossia senza il preservativo) incuranti delle conseguenze che ne sarebbero potute derivare, ecco nascere dalla fervida immaginazione partenopea questa espressione che, lo ripetiamo, oggi usiamo soprattutto per definire l’atteggiamento di qualche fastidioso “sfaticato”…