Fà oppure essere carta ‘e tre (oppure) ‘e tressette

Letteralmente: fare o essere una carta da tre (o meglio) di tressette.

Con questa locuzione ci riferiamo a quelle persone che riescono ad imporsi in tutte le situazioni, oppure, nell’ambiente malavitoso, chi riesce con le sue capacità criminali nel porsi, imponendo la propria forza, a capo di altri.

L’espressione deriva da uno dei giochi di carte più conosciuti e praticati a Napoli: il tressette con tutte le sue varianti (tram, pizzico, tressette a perdere, ecc.).

Ritengo che il gioco sia di particolare difficoltà, ponendosi, con i dovuti distinguo, al pari, o quasi, del più aristocratico bridge.

Ma cos’è e come si gioca il tressette?

Si tratta di un gioco antico, visto che il primo manuale che raccoglieva le regole del gioco fu edito nel 1750 da tale Chiatarrella, un’icona per i giocatori, che spesso ne evocano le regole (la più famosa è senza dubbio “si nun tene ‘a jucà, joca coppe“. Si ritiene altresì che il gioco fosse stato inventato da quattro muti che, per fare le proprie dichiarazioni, usassero alcuni gesti, entrati poi nelle regole ufficiali del tressette.

Innanzitutto ci sono diverse tipologie di gioco e mutevole è il numero dei giocatori che vi partecipano, dai due fino a 5 o 6 giocatori. In relazione al numero dei partecipanti si ha una diversa distribuzione del numero delle carte.

L’obiettivo è quello di ottenere il maggior numero di prese e le carte hanno differente valore (dalla scartiglia che non da’ valore nel conteggio, alle figure (Re, cavallo e fante) che valgono un terzo di punto, sino all’asso che ha il valore di uno.

Ad incrementare il punteggio nel gioco a squadre c’è la napoletana (ossia avere in mano l’asso il due e il tre dello stesso seme), che generalmente regala tre punti. Sistema che tiene a galla i giocatori più scarsi, ma dotati di eccezionale fortuna.

Chi ottiene sei punti ed una figura, nel gioco secco, vince.

Anche se giocato (divinamente) da un ceto sociale poco istruito, il tressette richiede memoria, attenzione alle chiamate, strategie di gioco.
Posso assicurarvi che il tressette relega la fortuna ad un livello secondario.

Personalmente, sebbene adeguatamente istruito da autentici maestri, non sono mai riuscito a definirmi un buon giocatore, sia per l’avversione al tavolo da gioco, sia perché il tressette richiede un’attenzione costante, che sono bravo a perdere in men che non si dica.

Perdonatemi, ma voglio ricordare qui chi furono i miei maestri, quando li seguivo su alcuni tavoli da gioco (giocata massima una consumazione) nella sede di un’associazione sportiva realizzata dai commercianti che operavano nella mia zona d’origine, via Salvator Rosa, che molto lustro diede al calcio giovanile con l’Atletico Salvator Rosa, di cui fui tra i soci fondatori, dal cui vivaio venne fuori un certo Ciro Ferrara..

Ovunque essi siano, ringrazio tutti loro per avermi deliziato nel gioco, oltre che il mio papà: don Mario Marangio, tabaccaio di piazza Mazzini., persona adorabile ma con l’istinto da killer al tavolo verde, don Pasquale ‘o jastemmatore (che al tavolo non riusciva a non imprecare in modo molto fantasioso contro la mala sorte che a volte lo colpiva, ma finissimo giocatore), don Antonio Giamminelli, l’anziano quanto serafico player, seppur alquanto polemico sugli errori dei compagni di gioco.

Se volete maggior informazioni vi rimando al sito liberoricercatore.it, un’autentica enciclopedia dei giochi, dai quali ho tratto le onformazioni che seguono.

Le azioni

  • bussare, cioè battere le nocche delle dita sul tavolo per passare la mano di chiamata nel gioco del “tram” (variante del “tressette”a cinque giocatori);
  • lisciare, cioè strisciare la carta sul tavolo per indicare al compagno che si è in possesso di una sola altra carta di quel palo (di valore inferiore);
  • piombare, nel caratteristico gesto di lasciar cadere la carta da poche decine di centimetri sul tavolo, gesto per far capire la caduta (il piombo) dell’unica carta di un palo;
  • giocata energica, per indicare che si è forti in quel palo.

Le chiamate

  • Chesta m”è ttre (esclamazione tipica indicante una carta di gioco in alcun modo superabile)
  • ‘O palo (uno dei quattro semi: bastoni, denari, spade o coppe)
  • Piglia e ttuorne (essendo il “Tressette” un gioco di coppia, il giocatore che ha la mano di gioco esorta il compagno ad aggiudicarsi la mano e di rigiocare allo stesso palo);
  • ‘O punto ‘areta (se lo aggiudica chi effettua l’ultima pigliata di gioco);
  • Miette ‘a meglia (questa frase indica esplicitamente il possesso del due accompagnato da numerose carte dello stesso palo, per cui si esorta a liberare un possibile gioco redditizio), anche usato nel quotidiano sociale quando ad un gruppo di persone si aggrega in secondo momento qualcuno non voluto;
  • Pe’ tte nun ne tengo (inteso il gioco del compagno, si comunica l’impossibilità nel servirlo, quindi, probabilmente si è “piombi” a quel palo);
  • ‘A fiura (carta di qualsiasi palo raffigurante: fante, cavallo o il re);
  • Fatte ‘e toje (questa voce, troppo esplicita, indicante il possesso di almeno un tre, è stata quasi dappertutto abolita;
  • ‘A lleggia (termine indicante micro – segnali di gioco, con cui in base allo scarto effettuato si indica al compagno il palo dove si vuole essere serviti);
  • ‘O vinticinche (termine indicante il possesso del due e del tre ad uno stesso palo);
  • ‘O vintinove (termine indicante il possesso del tre e dell’asso ad uno stesso palo
  • ‘A napulitana (termine di uso a Napoli ed in provincia, con il quale si dichiara di essere in possesso dell’asso, del due ed del tre allo stesso palo);
  • ‘O liscio e busso (tale frase viene usata quando un giocatore in possesso di un asso accompagnato da due carte dello stesso palo di valore inferiore, al fine di salvare l’asso, gioca una delle due carte minori per smontare il venticinque);
  • ‘A scartiglia (termine usato per indicare una carta da gioco senza alcun valore);
  • Tengo ‘nu piombo (il giocatore comunica al compagno ed all’intero tavolo, di essere sprovvisto di carte ad uno dei quattro pali);
  • Cca’ stongo je (il giocatore accompagna questa frase con una giocata energica, per indicare al tavolo di gioco l’assoluta predominanza in un determinato palo);
  • ‘A rredda (carta di un qualsiasi palo raffigurante il re);
  • Votte ‘ncoppa (detto al compagno nelle fasi finali della partita per fargli capire che non si dispone di carte per servirlo);
  • ‘Menate pure tu (variante della precedente voce, dal significato rafforzativo);
  • ‘A jucata a giro (con questo caratteristico termine, viene indicato il modo strategico di giocare una carta con cui si favorisce il compagno).

Fonte: https://www.liberoricercatore.it/o-tressette/

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