Ma chi te cride d’essere ‘o figlio e Schilizze?

Letteralmente: ma chi ti credi di di essere il figlio di Schilizzi?

Con questa espressione ci si rivolgeva un tempo, poi non così lontano, ai propri figli per porre freno alle esose richieste economiche da questi avanzate.

L’espressione valeva quella analoga di “ma che te crire ca songo ‘o Banco ‘e Napule?” (credi che io sia il Banco di Napoli?).

Ma chi era Matteo Schilizzi? Era un ricchissimo banchiere ed imprenditore livornese, impegnato nella politica e nel giornalismo (era uno dei maggiori finanziatori del Corriere di Napoli) nonché grande filantropo, del quale tuttavia sono rimaste solo scarne notizie biografiche.

Di origine ebrea ed ancor prima bizantina, nacque a Livorno nel 1861. La sua famiglia apparteneva alla nobiltà di Chios, isola greca che rimase sotto il dominio della Repubblica di Genova fino al 1566 quando l’Impero Ottomano, dopo lungo assedio, se ne impadronì.

Matteo, quindi, proveniva da una famiglia che per secoli aveva intrattenuto scambi commerciali con Genova, prima e con l’Impero Ottomano poi, creando, così, la propria ricchezza.

Era un uomo singolare e generoso che aiutò molti indigenti durante il colera del 1884 e fondò, insieme alla duchessa Ravaschieri, l’ospedale “Lina Ravaschieri” nel 1900, primo ospedale ortopedico per bambini.

Lo Schilizzi, che mal sopportò la profanazione della tomba di famiglia ad opera di ladri, decise di lasciare Livorno per trasferirsi a Napoli nel 1880, decidendo qualche anno dopo di ricostruire il sepolcro familiare sulla collina di Posillipo, dalle parti di piazza Salvatore Di Giacomo, decisione presa anche in seguito alla morte in Africa del fratello Marco, la cui progettazione e realizzazione fu affidata all’architetto Alfonso Guerra.

Nel 1889, quando il mausoleo in stile neo-egizio era quasi terminato, probabilmente anche per questioni economiche, Schilizzi fece sospendere i lavori non solo del sepolcro, ma anche di un palazzo che aveva commissionato all’architetto Guerra in piazza Amedeo.

Uno volta che Schilizzi morì, il Mausoleo fu donato all’amico che l’aveva accolto quando era arrivato a Napoli, l’ingegnere Tommaso D’Angelo.

Il mausoleo fu acquistato dal Comune nel 1921 ed adibito a reliquiario per le salme dei caduti della “Grande Guerra” (trasferite nel 1929 dal cimitero di Poggioreale). Attualmente la costruzione, ultimata nel 1921, ospita anche i caduti della seconda guerra mondiale ed è nota a Napoli come Mausoleo Schilizzi.

Oggi a Matteo Schilizzi sono intitolate una strada ed una piazza nel Quartiere Porto (clicca qui per la scheda della strada).

 

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