Pastiera napoletana: profumo di Pasqua e di tradizione

Foto di Roberto DB da Pixabay

Pasqua è ormai alle porte, e tra i profumi più avvolgenti e familiari che si diffondono nelle case napoletane c’è quello inconfondibile della pastiera. Ma attenzione: per noi napoletani, la pastiera non è solo un dolce: è un rito, una poesia fatta di grano, ricotta e fiori d’arancio, un abbraccio di tradizione e memoria che si ripete ogni anno con lo stesso, identico amore.

Un tempo, la sua preparazione cominciava all’alba del Giovedì Santo. Le famiglie si riunivano in cucina, ognuno con un compito: chi mescolava l’impasto, chi stendeva la frolla, chi sistemava con cura le strisce diagonali sul ripieno. Il forno del quartiere diventava un punto di riferimento, e il suo profumo, che si spandeva tra i vicoli, era il segnale che la Pasqua stava arrivando davvero. Ancora oggi, questa tradizione sopravvive: le famiglie si scambiano pastiere come gesto d’amore, di buon augurio, di appartenenza.

Una storia tra mito e realtà

Le origini della pastiera si perdono tra leggende e racconti tramandati nel tempo. Una delle più poetiche narra che fu la sirena Partenope, incantata dalla bellezza del golfo di Napoli, a creare per prima questo dolce: ricevette in dono sette ingredienti simbolici — grano, farina, ricotta, uova, fiori d’arancio, spezie e miele — e, mescolandoli, diede vita alla pastiera. Un dolce che, già nel nome, richiama la festa e la primavera.

C’è poi chi racconta che fu inventata da una suora in un antico convento napoletano, convinta che la gioia della Resurrezione dovesse essere celebrata con un dolce capace di portare felicità. E a proposito di felicità, si dice che persino Maria Teresa d’Austria, la famosa “regina che non sorrideva mai”, abbozzò un sorriso dopo aver assaggiato una fetta di pastiera. Ferdinando II pare abbia esclamato: “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera. Ora dovrò aspettare la prossima Pasqua!”

Perché sette strisce sulla pastiera napoletana?

Tradizione vuole che le strisce che ricoprono la pastiera debbano essere rigorosamente sette. Non erano forse sette i elementi ricevuti da Partenope, come accennavamo prima, ognuno carico di significato: dalla forza della terra alla dolcezza del mare, passando per la rinascita e i profumi della primavera?

La ricetta della vera pastiera napoletana

Per il ripieno:

  • 500 g di grano cotto

  • 500 g di ricotta

  • 500 g di zucchero

  • 6 uova

  • 1 bustina di vanillina

  • ½ bustina di cannella

  • 1 bottiglietta di acqua millefiori

Per la pasta frolla:

  • 400 g di farina

  • 150 g di zucchero

  • 200 g di burro

  • 4 tuorli d’uovo

  • Un pizzico di sale

Preparazione:

  1. La frolla: su una spianatoia disponete la farina a fontana e incorporate tuorli, zucchero, burro e un pizzico di sale. Lavorate l’impasto velocemente, formate una palla e fatela riposare in frigo per almeno 30 minuti.

  2. Il ripieno: in una ciotola lavorate la ricotta con lo zucchero fino a ottenere una crema liscia. Aggiungete i tuorli, poi il grano cotto, la vanillina, la cannella e l’acqua millefiori. A parte, montate gli albumi a neve e incorporali delicatamente al composto.

  3. Assemblaggio: stendete la frolla in uno stampo alto, versa il ripieno e decorate con strisce di pasta frolla incrociate. Infornate a 180°C per circa 50 minuti, finché la superficie non sarà ben dorata e la parte sottostante non umida.

Con ogni fetta di pastiera si assapora un pezzo di storia napoletana, fatta di famiglia, fede e convivialità. È il dolce della rinascita, della primavera e dell’amore che si tramanda di generazione in generazione, perché in fondo, la pastiera non si mangia soltanto: si celebra.

Buona Pasqua (e buona pastiera) a tutti!

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