Foto: Scatto di gusto
Introduzione
‘A genuvese è uno dei miei piatti preferiti, a cui sono particolarmente legato; anche se sono lontano da Napoli, quando mi piglia ‘na bbotta ‘e nustalgia, mi metto subito ai fornelli e mi do da fare…
Un intingolo straordinario! La genovese è uno dei piatti forti della cucina napoletana, connubio splendido tra cipolla e carne, padrona assoluta dei sapori in cucina dove il profumo del suo sugo è così ricco pregnante da varcare i confini domestici…
L’intensità del suo sapore si affianca a quello del ragù tradizionale, anche se l’abbondanza di cipolla lo rende meno digeribile. La caratteristica che li unisce è senza dubbio il tempo e la modalità di cottura: lunga, molto lunga…
Ma perchè questo sugo rigorosamente made in Napoli si chiama così? Innanzitutto diciamo che Genova e la Liguria in genere c’entrano relativamente poco! La salsa fu preparata intorno alla seconda metà del ‘500 da alcuni cuochi genovesi (ecco il primo motivo!) che, non amando il pomodoro con il quale si preparava (e si prepara ancora) il piatto principe della cucina napoletana, ‘o rau, credendo che fosse addirittura tossico, decisero di preparare un piatto che non lo contenesse.
I cuochi aprirono una taverna alla Loggia di Genova, una zona a ridosso del Porto, che al’epoca era una sorte di enclave (i genovesi che vi abitavano avevano una propria giurisdizione sul territorio, una sorta di zona franca, dove esercitavano senza vincoli locali le proprie regole).
Dalla taverna alle case dei napoletani il passo fu breve e ‘a genuvese, a partire dal ‘700, la ricetta fu a tutti nota e, addirittura, venne proposta in tutto il Regno di Napoli.
Infatti, nei ricettari della corte borbonica la genovese era contemplata, ma si trattava di una salsa molto più semplice, con una preparazione meno complicata.
Una ricetta nota ai gourmet dell’epoca. La ricetta era già riportata da famosi autori come Vincenzo Corrado, cuoco, filosofo e letterato, uomo di grande cultura, che fu grande gastronomo e uno dei maggiori cuochi che si distinsero tra il ‘700 e l’800 nelle corti nobiliari di Napoli, ed il primo a valorizzare la grande cucina regionale italiana, tanto che della genovese c’è traccia nella sua opera “Cucina Napoletana” nella prima edizione del 1832.
Da ricordare che, anche successivamente, don Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nobile napoletano, anch’esso cuoco e letterato, ne parlò nella sua opera “Cucina teorico pratica” pubblicata nel 1837.
Ci sono poi altre versioni sulla storia della genovese, volendo anche in questo caso riportare l’origine alla cucina ligure (alcune fonti storiche fanno risalire la ricetta ai marinai della “Superba” che sbarcavano a Napoli nel XVIII secolo portando con se anche le loro abitudini alimentari) oppure ad altre situazioni poco chiare (come, magari, indicando un cuoco alquanto parsimonioso, da tutti chiamato ‘o genuvese, richiamando la conclamata avarizia dei genovesi, ma non ci sono fonti attendibili a confermarle, quindi per noi va bene cosi…
Come preparare la genovese? Come per il ragù, esistono diverse modalità di preparazione, conservate gelosamente dalle tante famiglie napoletane che amano gustare tale cibo; tipologia degli ingredienti, quantità, aromi: ognuno si affida all’esperienza e a quanto si è appreso sin da piccoli.
Quella che proponiamo, quindi, è una versione di base fornitaci da Mimmo Corcione: lo spazio dedicato al forum, in calce alla pagine, vi consentirà di condividere con tutti la vostra esperienza in materia!
Dosi per
6 persone
Tempo di preparazione
˜Circa 5 ore
Ingredienti
- 450 g di rigatoni (o paccheri)
- 1 kg di spezzatino di manzo tenero in piccoli pezzi (preferibilmente ricavato dalla pancia o dalla corazza o anche dalla spalla ); suggeriamo di scegliere il lacierto, seguito dalla colarda o dal muscolo dello stinco (se avete più disponibilità economica, potete virare verso un primo taglio di annecchia (vitello).
- 1 kg e 1/2 di cipolle bianche o quelle color ambra (preferite quella ramata, meglio se si tratta della cipolla di Montoro, in quanto capace di sciogliersi durante la cottura, assicurando il fondo al sugo stesso)
- 1 costa di sedano
- 1 carota
- Prezzemolo
- Olio extravergine di oliva
- Un pezzettino di prosciutto crudo (il gambo, la parte finale)
- 5/6 pomodorini (opzionale)
- 2 bicchieri di vino bianco secco
- Brodo di dado o brodo vegetale
- Sale e pepe quanto basta
- Parmigiano
Procedimento
Affettate sottilmente le cipolle (questo è il compito più ingrato perché vi farà versare calde lacrime), la carota, il sedano, i pomodorini (se volete) e il prezzemolo (oppure il basilico spezzettato con le mani).
Prendete una capiente pentola e aggiungete un fondo d’olio, quando l’olio è caldo fate rosolare i pezzettini di carne, quindi sfumate con mezzo bicchiere di vino bianco secco.
Aggiungete il gambo di prosciutto crudo e sfumate con un altro mezzo bicchiere di vino bianco.
A questo punto aggiungete tutte le verdure tritate.
Mescolate di tanto in tanto, fino a quando le cipolle cacciando il loro liquido e si ammorbidiscono (appassiscono).
A questo punto abbassate la fiamma e lasciate cuocere per 1 ora fino a quando il sugo comincia ad asciugarsi e assumere un colore marroncino.
Aggiungete un pò di vino (un altro mezzo bicchiere), mescolate e lasciate cuocere un’altra ora sempre mescolando (con delicatezza) di tanto in tanto. Ripetete l’ultimo procedimento un’altra volta.
Quando saranno passate 4 ore aggiungete un pò di brodo di dado oppure del brodo vegeta le avendo l’accortezza di non fare asciugare troppo il sugo, che deve essere marroncino e morbido.
Per provare la giusta consistenza mettete un pò di sugo su un cucchiaio e inclinatelo; il sugo dovrà “lasciare il cucchiaio” con dolcezza.
Lasciate cuocere un’altra ora, aggiustate di sale e aggiungete un pizzico di pepe.
A fine cottura (dopo quasi 5 ore) le cipolle saranno una crema densa e lo spezzatino sarà cotto e tenero al punto giusto.
Con il sugo condite i rigatoni o i “paccheri” o in subordine le “penne” avendo l’accortezza di coprire il piatto con una bella spolverata di parmigiano.
La carne può essere servita come secondo piatto, accompagnato da un’insalata verde.
Vini da abbinare
Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico del Taburno, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente (intorno ai 15/16 gradi).
Note
- Benché i cuochi genovesi non amassero il pomodoro, non è… reato (senza esagerare) utilizzarne quanto basta per dare un leggero colore marroncino al sugo…
- Durante la cottura l’odore che si sprigiona, a base di cipolle, può essere pervasivo all’interno dell’abitazione: areate bene gli ambienti, anche in fase di cottura (così che ai vicini viene l’acquolina in bocca)!
- L’odore della genovese è entrato anche nelle espressioni napoletano con tiene ‘a scella ca te fete ‘e Genuvese per indicare qualcuno poco avvezzo alla propria igiene personale.
- La “genovese, proprio per la presenza massiccia di cipolle ha bisogno di una digestione alquanto lunga, quindi il suggerimento è di servirla a pranzo (così che gli ospiti avranno tutto il tempo per le suddette funzioni digestive!)
Video ricetta
Fonti
Ricetta: Pagina YouTube di Mimmo Corcione
Fonti storiche: wikipedia.org e Blog di Raffaele Bracale